29 aprile 2015

Paolo Calosso (Consorzio Trait d'Union): « #Profit e #noprofit devono fare rete»

Paolo Calosso
Intervista a Paolo Calosso, Presidente del Consorzio Trait d'Union.

Che cosa è oggi il Consorzio Trait d'Union? Possiamo dare un po' di numeri?
Il Consorzio Trait d'Union è una realtà imprenditoriale abbastanza complessa. E' costituita da cooperative sociali. Ha un fatturato aggregato di circa 10 milioni di euro ed ha circa 500 dipendenti. E' costituito da due tipi di cooperative: le cooperative di tipo A che svolgono servizi alla persona come la gestione di microcomunità, ludoteche, comunità minori, asili nido, comunità terapeutiche. E poi ci sono quelle di tipo B che sono vere e proprie imprese operanti nei settori tradizionali e all'interno di questi settori fanno inserimento lavorativo, cioè cercano di inserire le persone svantaggiate - ad esempio ex-tossicodipendenti, ex-alcolisti, detenuti - all'interno delle proprie attività.

Prima della presidenza quale era il suo ruolo all'interno del Consorzio?
Io provenendo da una Cooperativa di tipo B, la Montfallère, mi sono sempre occupato di politiche del lavoro. E dunque ho partecipato a tavoli di discussione all'interno del Consorzio finalizzati a progetti di inserimento lavorativo.

Quale è lo stato di salute del Terzo settore in Valle d'Aosta?
Credo che sia una situazione abbastanza buona anche se dobbiamo dire che il terzo settore ha vissuto le stesse tensioni, le stesse criticità della società civile e dunque ha dovuto affrontare sfide nuove e ed impegnative. Le cooperative sociali da una parte si sono viste un po' ridurre quella che era l'entità dei servizi in quanto ci sono meno risorse e le amministrazioni pubbliche hanno avuto grossi tagli e dall'altra parte le associazioni hanno dovuto confrontarsi con nuove tensioni sociali. Però credo che ci siano degli aspetti assolutamente buoni perché il terzo settore si è riunito e una anno fa ha deciso di costituire il Forum del Terzo settore. Credo che questo dovrebbe diventare il luogo principe dove le organizzazioni, le cooperative, la società civile, le associazioni possono confrontarsi, discutere, affrontare i problemi e fare proposte in qualche maniera valide per andare verso un nuovo welfare, sostenendo valori quali quelli della gratuità, della solidarietà e della responsabilità civile.

Il trend dell'impresa sociale è simile?
L'impresa sociale è strettamente collegata al Terzo settore e dunque ha dovuto anche lei ricollocarsi e riprogettarsi. L'unico vantaggio dell'impresa sociale è che normalmente abituata ad affrontare situazioni di criticità, proprio perché al loro interno già lavorano persone con disagio, difficoltà e dunque c'è più l'abitudine a sapersi ripensare e riprogettare.

Una delle grandi novità è la gestione della Cittadella...
Noi siamo entusiasti di questa esperienza che inizieremo dal 1° di giugno. L'idea è quella di far diventare i giovani il cuore pulsante della città. Vogliamo che diventi un luogo di incontro dove i giovani possano essere protagonisti e curare i loro interessi, musicali, artistici. Però nel frattempo vogliamo anche affiancarli con delle proposte formative. Ad esempio abbiamo idea di avere anche uno spazio per avvicinare la scuola al mondo del lavoro. Tutto questo non lo faremo da soli. Lo faremo con le associazioni, con il Centro dei Servizi per il volontariato, con altre organizzazioni che hanno con noi progettato la Cittadella come l'Eubage che si occuperà di tutta la parte arte, spettacolo e cultura e Quintetto che invece si occuperà dei software, della piattaforma informatica, dei new media.

Quanto conta il fare rete?
Credo che sia fondamentale. Oggi per poter superare la crisi economica e occupazionale la rete è uno strumento validissimo. Credo però che non debba soltanto mettere insieme imprese simili. Noi lo stiamo già facendo come Consorzio facendo parte di una rete nazionale di Consorzi, il Consorzio Gino Mattarelli grazie al quale possiamo esplorare progettualità, iniziative nuove cercando di riportarle, con i giusti aggiustamenti, in Valle. Però credo che si debbano mettere insieme risorse differenti, competenze diverse. Occorre che il no profit impari a lavorare con il profit, con le associazioni, con gli enti pubblici e la strada maestra sarà sicuramente la co-progettazione.

Come è il dialogo con la Pubblica Amministrazione?
E' sicuramente buono, anche se stiamo vivendo un periodo molto particolare. La Politica deve ripensarsi in quanto le risorse sono diminuite e i bisogni sono drasticamente aumentati. Però in questo senso il Terzo settore può dare delle risposte concrete. Abbiamo particolarmente apprezzato l'apertura che ha fatto la Consulta regionale “Salute e benessere” di attivare dei tavoli di confronto e di concertazione che riguardano l'inclusione sociale, la povertà, il welfare. Credo che questo sia un modo buono per affrontare i problemi della collettività

Il mondo della cooperazione sociale, fortunatamente non in Valle, è stato segnato da ombre quali sono state le sue reazioni?
Sicuramente di grosso dispiacere. Non soltanto per le ombre che ponevano sul nostro settore, ma perché sono state consumate sulle spalle delle persone più fragili come i profughi che già arrivavano da situazioni di estrema marginalità e sofferenza. Credo che in qualche maniera la cooperazione debba essere molto più attenta anche al suo interno, facendo anche autocritica, però la politica non deve mai smettere di avere un controllo sulla cooperazione. E' un po' come due binari che devono viaggiare vicini puntando allo stesso orizzonte senza mai intersecarsi.

Qualche novità come Consorzio?
Stiamo facendo dei pensieri di attivarci su settori nei quali non avevamo mai sviluppato attività. Vorremmo esplorare aree che riteniamo strategiche come quelle che riguardano tutta la filiera del riciclo e del riuso, le fonti rinnovabili, il risparmio energetico. Sicuramente però per poter procedere su questa strada avremo bisogno di collaborare anche con organizzazioni profit che hanno livelli di tecnologia molto superiori e sicuramente integrare le due esperienze. In questo senso potremo portare un risparmio alla pubblica amministrazione. Mi rifaccio all'esempio di quello che è stato il Consorzio di Matera che attraverso ad un intervento sulle luminarie della cittadina è riuscito a risparmiare grosse quantità di denaro che sono state reinvestite per sostenere i servizi per i quali ci sono sempre meno risorse.

Ci sono già delle partnership ipotizzate?
Sì ma non vogliamo ancora svelarle. Anche se confermo che ci sono anche sul territorio valdostano la presenza di notevoli risorse e e competenze in grado di aprire porte di imprenditorialità fortissime.

Diventa importante la contaminazione tra profit e no profit...
Questo perché in qualche maniera la cooperazione porta in sé sia capacità imprenditoriali, attenzione al capitale umano, però ha ancora delle lacune sul fonte della comunicazione, dell'innovazione e dello sviluppo delle tecnologie. E soltanto attraverso la contaminazione reciproca - che non è soltanto quella tra imprese profit e no profit, ma anche quella con le associazioni presenti sui territori - io credo che bisogna pensare a progetti complessi per rispondere a bisogni che sono diventati ancora più complessi.

Un sogno imprenditoriale da realizzare?
In parte l'ho già detto. Il mio sogno è che tra una decina di anni non ci sia più questa netta distinzione tra impresa profit e no profit. Questa contaminazione reciproca potrebbe permettere a noi di crescere e all'impresa ordinaria di assumere tutto quel know how riguardo alla gestione del capitale umano e delle risorse. A volte mi viene in mente il modello tedesco della wolkswagen dove gli amministratori, gli operai, i sindacati lavorano sugli stessi tavoli per ripensare la vita futura dell'impresa. Un'impresa sociale è un'impresa che fa occupazione e mantiene posti di lavoro se riesce anche ad avere un'attenzione per le fasce più deboli credo proprio che la distinzione potrebbe venire meno.

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